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Cenni sulla storia del servizio pubblico

Il concetto di servizio pubblico nel mondo

Il concetto di servizio pubblico radiotelevisivo è un’invenzione europea, nata nel Vecchio Continente intorno alla seconda guerra mondiale come reazione all’uso a fini di propaganda bellica della radio e del cinema da parte dei regimi totalitari del Ventesimo secolo.

Esso si distingue dalla radio televisione di Stato (che è il modello in cui radio e tv sono i portavoce del governo), dalla radio e tv commerciale (che è il modello in cui azionisti privati perseguono il profitto vendendo tempo di attenzione degli ascoltatori e dei telespettatori agli inserzionisti pubblicitari), dalla tv a pagamento (che è il modello in cui azionisti privati perseguono il profitto offrendo ai loro clienti i programmi che questi ultimi gradiscono di più vedere).

Dall’Europa –dove esistono servizi pubblici radio e/o televisivi in tutti e 48 gli stati del Consiglio d’Europa -­‐ questo modello si è diffuso in altri paesi a forte impronta europea, come Australia, Canada ed India (paesi a dominazione inglese) o il Giappone e la Corea.

Una variante diversa del Servizio pubblico è quella adottata negli Stati Uniti, dove PBS (la tv pubblica) e la NPR (la radio pubblica), esistono ma sono assai diverse da tutti gli altri servizi esistenti nel mondo.

Preso atto della sua enorme capacità di impatto e di mobilitazione delle masse, Lord Reith, fondatore della BBC, ne codificò i principi nel primo statuto dell’emittente inglese, che sono diventati poi il punto di riferimento degli statuti adottati volontariamente dalle radiotelevisioni pubbliche del mondo, oppure imposti nei trattati di pace alle nazioni uscite sconfitte dalle guerre: Germania e Giappone in primis, ma anche Corea, dopo la fine della guerra civile.

Secondo quanto scriveva Lord Reith negli anni Trenta il servizio pubblico radiofonico doveva avere una caratteristica fondamentale : essere indipendente dal governo in carica e finanziato principalmente dai cittadini; oltre che perseguire tre missioni fondamentali: informare, educare, divertire il suo pubblico.

Quasi novant’anni dopo queste sono ancora oggi le caratteristiche principali che contraddistinguono il servizio pubblico. Informare, educare e divertire restano i principi ispiratori della programmazione propria del servizio pubblico. Informare con le news ed i talk show; educare con i documentari ed i programmi culturali, divertire con la fiction, i film, lo sport ed i varietà di qualità.

Quel che è cambiato è che altre missioni si sono aggiunte alle tre originali, non tutte egualmente condivise globalmente, ma magari dettate da specifiche esigenze nazionali. Fra le più diffuse, ad esempio, la missione della coesione sociale (cioè di tenere insieme le diverse fasce della popolazione: ricchi e poveri, maggioranze e minoranze anche linguistiche, vecchi e giovani, laureati e analfabeti…), quella del pluralismo dell’informazione e di dare spazio alle voci rappresentative della società; quella dell’innovazione tecnologica (cioè sperimentare tecnologie innovative di produzione e distribuzione, prima che esse diventino economicamente sostenibili : alta definizione, trasmissione da satellite, ecc); quella del sostegno alla lingua ed alla produzione culturale del paese e/o della comunità di riferimento (con le orchestre nazionali, l’investimento in produzione culturale nazionale, la promozione della letteratura, della musica e del cinema nazionale); quella del sostegno alle fasce più deboli della popolazione (programmi per i consumatori, servizi per i disabili, ecc.); la promozione della lingua, della cultura e dell’immagine del paese all’estero o – per i paesi di emigrazione -­‐ un servizio radiotelevisivo per i cittadini residenti all’estero.

Questa diversità delle missioni in base ai paesi è stata sancita dall’Unione Europea che, nei suoi Trattati costitutivi ha incluso il principio che ogni paese è libero di regolamentare il proprio servizio pubblico come crede e di finanziarlo nei modi più appropriati in base al contesto nazionale.

La Commissione Europea vigila sul rispetto di questi impegni in maniera indiretta (trattandosi di materia di competenza nazionale) ed ha chiesto che ogni paese si doti di un’autorità indipendente di controllo (che si frapponga fra governo/parlamento e servizio pubblico, per ridurre il rischio di interferenze), e che le missioni di servizio pubblico nazionali vengano definite in appositi “contratti” vincolanti fra stato e servizio pubblico.

 

Una nota, infine, sulla variante del modello del Servizio Pubblico esistente negli Stati Uniti. Essa differisce sostanzialmente dal modello prevalente nel mondo sotto due profili:

1. Il finanziamento, che non è pubblico (pochissimi fondi dallo stato), né viene dai cittadini (il canone non esiste), è fornito essenzialmente dalle donazioni di imprese e di privati, che sono deducibili dalle tasse. Il principio di fondo è che TV e radio pubbliche debbano colmare l’insufficienza di programmi culturali sulle reti commerciali (intervenire quindi su un caso di “market failure”) determinata dalla loro scarsa appetibilità per gli inserzionisti pubblicitari.

2. Di conseguenza la programmazione non ha l’obbligo di rivolgersi a tutti i cittadini, ma solo alla fascia più colta della popolazione, quella appunto che non trova i programmi di suo gradimento sulle reti TV generaliste commerciali o su quelle a pagamento.

Una tv pubblica per pochi, insomma, che infatti raggiunge non più del 2-­‐3% della popolazione.

 

 

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